Il Bacio, Milano in studio da Manuela Carrano, 14 febbraio 2010

Hayez e il suo soggetto più famoso sono un pretesto. I due corpi sono avvolti nell’abbraccio, la mano dell’uomo cinge la testa – normale fino alla nuca – con i capelli che scendono su un corpo elegante, vagamente esile che dall’abbraccio dà e prende forza. La donna però nasconde qualcosa, la sua natura non si mostra immediata anche se è lì sotto i nostri occhi, abituati a riconoscere nel Bacio -l’iconografia scelta da Manuela Carrano – la celebre tela con cui Francesco Hayez aveva sintetizzato gli ideali rivoluzionari dei giovani che hanno lottato per liberare l’Italia. Quella donna – se osserviamo bene – ha artigli e peluria, il suo volto è quello di una scimmia, cui l’artista ha dedicato tutta la sua ultima produzione di disegni e libri d’artista. Al di là della semplice rivisitazione dei capolavori della storia del’arte, l’operazione di Manuela Carrano non è un travestimento della realtà per simularne un’altra, ma il desiderio di rappresentare l’idea di trasformazione da un’identità all’altra di transitorietà del genere, o meglio, dei generi. Il tema antico della metamorfosi pervade l’immagine inquietante, statica solo in apparenza forse anche per lo stesso Hayez. Il maestro ha ritratto il suo cavaliere due volte, mentre bacia la sua dama e, nella versione ripresa da Manuela Carrano, ha la gamba DESTRA O SINISTRA??? sulla scala, pronto alla fuga (verso la rivoluzione, verso gli ideali di un mondo nuovo).
La versione di Manuela Carrano s’ispira a quell’attimo di sospensione, rappresenta il momento in cui la trasformazione sta per avvenire: non si sa se è il preludio a una realtà incantata, magica, fiabesca o il quesito da porre a una natura mostruosa che sfiora l’incubo della letteratura ottocentesca, l’idea di sogno e il subconscio e che rimanda all’idea darwiniana delle origini della specie umana con le fattezze di una figura femminile che trae in inganno.
Rachele Ferrario